E’ passato molto tempo, un anno intero, perchè io abbia avuto di nuovo tempo e desiderio di scrivere su questo blog. Le motivazioni sono molte: la prima, sicuramente, è che la comunicazione online ormai è diversa dai tempi in cui avevamo il blog come unica finestra verso il mondo – io sono una di quelle che aveva il blog su splinder, ed il titolo di questo articolo, di cui parlerò in seguito, contiene il mio primi, primissimo nickname sul web: Sparks, Scintilla, mi firmavo così.
Quindi, preferisco di gran lunga utilizzare le Stories di Instagram, perchè sono immediate, perchè mi piace fare foto (e non reel, credo di non averne mai fatto uno) e perchè attraverso queste posso tenere un filo quotidiano con chi seguo e con chi mi segue; poi c’è la newsletter, amatissima, che ancora scrivo, non in maniera assidua, con molte pause, ma scrivo, con cura, dedizione, perchè l’idea della lettera è sicuramente quella che più mi piace.
Eppure, non ho mai chiuso questo blog: è come se fosse una radice, a cui tornare, dalla quale prendere nutrimento. E’ una pagina bianca attraverso la quale riflettere, fermare le cose, appuntarne altre, per non dimenticarle.
Chi mi segue sa che in questo ultimo anno ho ripreso appieno anche il lavoro teatrale, affiancandolo al mio lavoro di educatrice, sia con spettacoli miei che con laboratori alle scuole; che abbiamo debuttato con uno spettacolo dedicato a Cappuccetto Rosso con la compagnia Le Ortiche, composta da performer con disabilità, e che vogliamo portarlo in giro più possibile; che nella nostra casa è arrivato un cucciolo, Nebbia, un piccolo husky che aveva iniziato in questa vita in una grande difficoltà, e che abbiamo deciso di salvare e di adottare, per allargare questa famiglia composta più da animali che da esseri umani.
Composta da radici, foglie di quercia, orti imprevisti, composta da cene condivise in nidi familiari, alleanze vicine e lontane, composta da chi si riconosce e si vuole bene, e non teme di dirselo, di stare vicino, ti trovare un momento per lo scambio, anche solo con un messaggio vocale, una parola, un piccolo dono.
Non volevo scrivere un post di bilancio fine anno/inizio del nuovo, perchè per me la fine dell’anno è segnata dal 31 di Ottobre – e non tanto dai folli botti che, quest’anno, sono stati scoppiati anche vicino al bosco, qui in questa manciata di case che si era sempre salvata dalla violenza di questa pratica. Forse sembra un post così: forse le è. Anche perchè, inevitabilmente, in questo periodo c’è una riflessione spontanea, che viene dall’inverno, dall’introspezione, dai pomeriggi da sola a leggere, a scrivere, a sognare.
Nell’anno passato ci sono state milioni di cose belle: sono natƏ bambinƏ di amicƏ, abbiamo fatto spettacoli e raccontato fiabe, conosciuto persone nuove, bellissime, preziose; l’orto ha donato zucchine e pomodori fino ad ottobre, e abbiamo fatto il pane e cucinato sulla cucina economica, anche d’estate; le susine sono state tantissime, raccolte e fatto marmellata; i bigliettini di amore della mia nonna ci sono stati anche questo Natale, e ne sono grata, gratissima; sono nati progetti condivisi, grandiosi, immaginifici, che ci porteranno ancora a sognare, a creare, ad agire nel mondo con poetica ed arte e politica; i miei libri e i miei mazzi di tarocchi sono stati pubblicati, e altri sono in progettazione, e anche questo è bellissimo.
Ci sono stati anche dei dolori, certo: sarebbe assurdo se non fosse così. Quello che a me ha maggiormente colpita sono stati certi atteggiamenti, qualche distanza inspiegata, che mi ha fatto male – in questo il mio essere PAS sicuramente influsice, perchè non riesco a farmi scivolare di dosso le cose, ma ci penso, ci ripenso, le trattengo, probabilmente ci rimango male più del dovuto. Eppure, al girare di questo tempo, voglio imparare a dare sollievo a questo mio essere, permettermi di essere sensibile ai comportamenti altrui anche più del dovuto: voglio celebrare chi invece si prende cura della relazione, di chi la nutre e la vivifica. E’ molto più coraggiosoquesto stare, questo esistere nelle relazioni – mi riferisco all’amicizia, ma comunque sia, in generale – che invece lasciare che il tempo passi, rispondere in maniera sintetica, non essere presente. Io vorrei questo coraggio gentile, nel porssimo anno, quella forza che non spinge ma accoglie, che accarezza: vorrei quelle piccole mosse – small moves, Sparks, come si dice in Contact, film di Zemeckis da me molto amato – piccole mosse che mi permettano il sostare, il sognare, il recupero, il ricamo sottile dei minuti, del dare importanza alle cose che contano.
La mia parola per l’anno 2023 non l’ho ancora trovata, ma so che ha a che vedere con questa frase – small moves -, che ha a che vedere con la lentezza, la cura, la decompressione, lo sguardo attento. Che ogni persona che legge possa avere la sua lucina, personale, come una lucciola attraverso i giorni.